La volpe e il leone: Tywin Lannister e il Principe di Machiavelli

Di Fabio Figiaconi

Quando ho cominciato a guardare la prima stagione de “il Trono di Spade”, il personaggio di Tywin non aveva attirato particolarmente le mie attenzioni, in quanto non era dotato di caratteristiche particolari in grado di suscitare odio o rispetto nei suoi confronti.

Certo, lui si presentava come il lord di Castel Granito, scudo di Lannisport e Protettore dell’Ovest ma, rispetto ad altri personaggi apparsi nelle prime stagioni, non era capace, per esempio, di provocare in me un’immediata repulsione, come nel caso di Cersei, oppure un’ammirazione mista a profonda stima, come nel caso di Eddard Stark.

Ai miei occhi Tywin era quindi uno dei tanti signori in lotta, non più bravo o particolarmente dotato rispetto, ad esempio, a Renly Baratheon.

Con il passare degli episodi, però, seguendo l’evoluzione del personaggio non ho potuto fare a meno di provare uno strano fascino misto a ribrezzo per le sue azioni, crudeli, certo, ma sicuramente efficaci sia per vincere la Guerra dei Cinque Re sia soprattutto per governare da dietro le quinte gli affari politici dei Sette Regni.

A un certo punto, osservando il suo muovere i pezzi sulla scacchiera, il suo saper sempre la mossa giusta, il suo prevedere con un turno di anticipo il movimento dell’avversario, mi è venuta come la sensazione di assistere alla trasposizione televisiva di un qualcosa che, se non avevo vissuto, avevo certamente già letto.

Inevitabile quindi andare alla mia libreria, frugare tra le cataste di libri in cerca del volume che sospettavo aver costituito la “sceneggiatura” per la costruzione del personaggio di Tywin e del suo modo di agire.

Dopo una breve ricerca eccolo lì, con in copertina un ritratto del suo autore che mostrava lo stesso sguardo penetrante e l’identico sorriso amaro del lord di Castel Granito: il Principe di Niccolò Machiavelli, l’opera di filosofia politica probabilmente più letta e controversa di tutti i tempi.

Sfogliando le sue pagine, trovavo sempre più conferma del fatto che Tywin incarnasse perfettamente l’immagine del Principe tratteggiata da Machiavelli, con una fedeltà del telefilm al testo davvero incredibile.

In particolare, i capitoli dall’ottavo al diciannovesimo riassumono i tratti salienti del nostro personaggio, capaci di farlo spiccare come un gigante politico rispetto ai suoi alleati e antagonisti.

Nel capitolo dedicato alla cura degli eserciti, si dice che “un principe non deve avere nessun altro obiettivo né pensiero […] al di fuori della guerra, degli ordini e della disciplina di essa, perché quella è la sola arte che compete a chi comanda”.

Come non pensare alla prima apparizione di Tywin Lannister all’interno di Game of Thrones, in cui si vede il lord in una tenda circondato dai vessilli rossi del suo esercito, intento a scuoiare un cervo che aveva probabilmente cacciato poco prima?

Poi, continua Machiavelli, un signore “non deve mai smettere di pensare alla guerra, e nella pace deve prepararsi alla guerra ancora di più: ciò si può fare in due modi, vale a dire sia con le esercitazioni militari sia con la preparazione teorica”.

Indicativa, a tale proposito, la scena in cui racconta ad Arya Stark il modo in cui era stato edificato il castello di Harrenhal e la conquista di esso da parte di Aegon Targaryen che, con l’apparizione sul campo di battaglia dei suoi draghi, aveva “cambiato le regole del gioco”, in questo caso militare.

Il dialogo ben riassume il valore della Storia per Tywin, che non la considera un semplice ricordo di eventi passati, degni soltanto di essere inseriti nelle ballate dei Sette Regni, ma come un libro aperto dal quale prendere insegnamenti e spunti di riflessione per il presente.

Da qui si passa, poi, al capitolo sedicesimo, che tratta del rapporto tra il principe e il denaro, indispensabile per pagare i soldati e garantire il corretto funzionamento del proprio regno.

Una frase in particolare è significativa: “lo spendere quello di altri non ti toglie reputazione, ma te ne aggiunge; solamente spendere il tuo denaro è ciò che ti danneggia”.

Qui gli sceneggiatori sembrano aver riportato tale passo quasi integralmente sullo schermo quando, nel quinto episodio della quarta serie, lord Lannister e la figlia Cersei parlano circa lo stato delle finanze di Approdo del Re e dei pesanti debiti nei confronti della Banca di Ferro di Braavos.

Nel corso del dialogo, Tywin ammette candidamente di essersi alleato con i Tyrell soprattutto per le loro enormi disponibilità patrimoniali, manifestando l’intenzione di attingere a piene mani alle loro ricchezze per pagare i debiti della corona.

A questo punto, si arriva al capitolo più celebre del Principe, il diciassettesimo, in cui si tratta del problema forse più importante della scienza politica: se sia meglio essere amati o se sia preferibile essere temuti.

Machiavelli su tale punto è chiarissimo: “sarebbe meglio essere sia l’uno sia l’altro; ma poiché è difficile avere tutte e due le cose assieme, è molto più sicuro essere temuto che amato”.

Per vedere come Tywin incarni perfettamente il principio espresso dallo scrittore fiorentino, basta pensare alla celebre canzone “Le piogge di Castamere”, suonata più volte nel corso della serie, che descrive la repressione spietata messa in atto dal lord di Castel Granito contro un suo vassallo ribelle, distrutto e annientato a tal punto che “ora le piogge piangono sopra la sua dimora, senza nemmeno un’anima ad ascoltare”.

L’eco di quel terribile episodio è rimasto vivo nei Sette Regni, tanto che spesso basta un semplice accenno alla canzone per intimorire gli avversari dei Lannister, come ad esempio fa Cersei in un dialogo con Margaery Tyrell.

Tywin, dunque, sa essere spietato quando occorre, ma la sua crudeltà non è mai fine a se stessa, in quanto ha sempre l’obiettivo di farsi temere dagli avversari.

Ciò non accade, per esempio, nel caso di Joffrey, che è sì temuto dai suoi sudditi, ma anche disprezzato (cosa che Machiavelli sconsiglia con veemenza), perché compie azioni crudeli solo per il gusto sadico di farle e non come strumenti di carattere “politico”.

Resta ora da trattare l’ultimo punto in comune, e forse il più inquietante, tra la figura del Principe descritta nel libro e il capo di casa Lannister.

L’episodio è quello delle “Nozze Rosse”, la scena, sorprendente e agghiacciante insieme, in cui vengono uccisi buona parte dei membri di casa Stark per mano di Walder Frey.

Significativamente, quando le porte della sala vengono chiuse, i musicisti cominciano a suonare ancora una volta “Le piogge di Castamere”, firma inequivocabile di Tywin.

Anche in Machiavelli, precisamente nel capitolo ottavo, dedicato ai delitti politici, si trova un episodio pressoché identico, vale a dire la descrizione della salita al potere di Oliverotto da Fermo.

Oliverotto, rimasto orfano di entrambi i genitori, era stato affidato allo zio, signore di Fermo, che a sua volta lo aveva dato in custodia a un capitano, affinché lo addestrasse all’arte militare.

Quando fu cresciuto, egli fu preso dalla voglia di conquistare un dominio per sé; scrisse quindi allo zio, dicendogli che, poiché voleva rivederlo dopo tanto tempo, si sarebbe recato a Fermo con la sua guardia personale.

Una volta arrivato in città, Oliverotto organizzò un banchetto in onore dello zio, al quale invitò anche i più importanti cittadini di Fermo.

Verso la fine della cena, con una scusa fece entrare tutti gli invitati in una piccola saletta, dove li fece massacrare.

Compiuta la strage, si dichiarò signore di Fermo, visto che quelli che si sarebbero potuti opporre erano tutti morti.

Le analogie con Tywin, come si può vedere, sono evidenti, avendo saputo tutti e due compiere azioni certamente esecrabili dal punto di vista umano, ma funzionali ai loro obiettivi politici, che entrambi ottennero.

Comunque, la dichiarazione che meglio sintetizza la filosofia comportamentale del lord di Castel Granito si può trovare nell’ultima puntata della terza serie, quando, parlando con Tyrion, pronuncia un discorso che, forse, fa capire meglio di tutte il personaggio e il suo modo di pensare e agire.

Al figlio che manifesta la sua perplessità per il brutale massacro della famiglia Stark, Tywin domanda di spiegargli perché, secondo lui, è più nobile “massacrare diecimila uomini in battaglia che una dozzina a una cena”; Tyrion chiede allora se l’uccisione dei membri della famiglia rivale sia stata fatta semplicemente per salvare delle vite, sentendosi rispondere “no, ma per porre fine alla guerra”.

È in tale scambio di battute che si vede con lampante chiarezza la pragmaticità estrema di Tywin, al quale il lungo esercizio del potere ha insegnato a passare oltre alle leggi morali degli uomini, scegliendo di seguire, nell’esercizio della sua carica di leader, le norme che regolano la ragion di Stato.

Secondo Machiavelli, infatti, nell’esercizio del suo incarico politico il Principe non deve tenere conto delle sue opinioni etiche personali, ma deve agire sempre nel supremo interesse del Paese, lezione che Tywin ha pienamente fatto sua.

In conclusione, quindi, tra tutti i personaggi che nel corso delle cinque stagioni compaiono nel Trono di Spade il lord di Castel Granito è quello che meglio pondera le sue mosse, che meglio sa alternarsi tra esercizio della forza militare ed esercizio del potere, che meglio calcola i pro e i contro di qualsiasi azione, in grado di passare da una posizione iniziale estremamente sfavorevole (la sconfitta militare di Jaime e la quasi completa disfatta dell’esercito Lannister) alla vittoria totale, dimostrando così di essere, per usare le parole di Machiavelli, “sia volpe sia leone”.

Tywin Lannister è perciò l’unico personaggio apparso della serie a essere un vero e proprio Principe nel senso machiavellico del termine, racchiudendo in sé tutte le caratteristiche che il geniale scrittore fiorentino aveva descritto cinque secoli fa.

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