Di Giulio Carlone
«Ai nostri occhi il cinema sostituisce un mondo che s’accorda ai nostri desideri.» Bazin Le Mépris
Per iniziare questa avventura ho deciso di dedicare un elogio a una di quelle persone, o forse meglio definirlo artista, che è in grado di catturare il mio occhio e la mia mente come pochi altri, e soprattutto vorrei cercare di farvi capire perché proprio lui ci riesce, proprio Quentin Tarantino.
Come ogni essere umano e soprattutto come ogni grande regista ha, nei film che mette in scena, uno stile tutto suo, immediatamente riconoscibile anche per coloro i quali non si ritengono dei veri e propri appassionati del mondo cinematografico.
Ho deciso quindi di dare alcune “istruzioni per l’uso” per chi si accinge ad addentrarsi nella sua filmografia, le quali altro non sono che una serie di informazioni relative a pellicole da me molto amate che potranno –spero – prepararvi al meglio a quello che vi aspetta, un po’ come i foglietti illustrativi dei medicinali. Una sorta di avvertimento per chi decide di entrare in un mondo dal quale uscirà innamorato o disgustato.
Per prima cosa, il film, indipendentemente dal titolo che sceglierete, con tutta probabilità sarà violento, molto violento (diciamo che lo splatter è di casa), mentre un secondo avviso che mi sento in dovere di condividere è di non affezionarvi troppo ai personaggi, non è detto che finiscano il film indenni… anzi.
Per inquadrare meglio il personaggio, basti ricordare che Tarantino è quello che potremmo definire IL cinefilo per eccellenza cresciuto sulle orme di Sergio Leone e degli spaghetti-western, e per questo nei suoi lavori di certo non c’è posto per un romanticismo all’antica. Se è questo quello che state cercando per la vostra serata, cambiate film immediatamente.
È arrivato ora il momento della seconda appendice di rilievo: lo stile registico o, per essere più chiaro, cosa distingue i film di Quentin Tarantino da quelli di un qualsiasi altro regista.
Innanzitutto possiamo trovare spesso nelle sue pellicole il “Mexican Standoff”, detto anche stallo alla messicana. Chiunque abbia avuto il piacere di imbattersi in Joe, Eddie il bello e Mr White (Le Iene) o in Jules e Vincent (Pulp Fiction) saprà di cosa sto parlando, mentre per gli altri basti sapere che lo stallo alla messicana è quella situazione in cui due o più persone, puntandosi un’arma l’uno contro l’altro, si tengono sotto tiro a vicenda. Vi sono diversi film del regista del Tennessee in cui viene utilizzato questo tipo di scena evidentemente molto apprezzata, basti pensare a Pulp fiction e Le iene o, più di recente, a Bastardi senza gloria, penultima pellicola del nostro regista ma nonostante ciò influenzata dagli stessi tratti distintivi di altri capolavori del passato.
Altri elementi ricorrenti nelle sue pellicole dal punto di vista della ripresa sono il “Trunk Shot” e il “Corpse View”, anch’esse dei veri e propri marchi di fabbrica dello stile tarantiniano. Il “Trunk Shot” non è nient’altro che la classica ripresa dal bagagliaio; come anticipato prima, però, questo tipo di pellicole sono tutt’altro che prive di violenza, non di rado infatti capita che nel bagagliaio delle autovetture utilizzate siano presenti non solo valigie, attrezzi o altri oggetti che ci si aspetterebbe in un bagagliaio, bensì veri e propri ostaggi. Questa inquadratura aiuta a fornire un punto di vista differente, sfalsato rispetto all’incedere consequenziale della narrazione spezzando i lunghi piani sequenza presenti… non vi ho detto cosa sono i piani sequenza vero? Cercherò di rimediare al più presto.
La tecnica di ripresa del “Corpse View” invece riflette lo sguardo di un soggetto ormai riverso a terra, generalmente in condizioni critiche. Potremmo definirlo una sorte di occhio sulla tragedia, sulla drammaticità della situazione in cui si trova l’attore caduto. Come dimenticare il tenente Aldo Raine (Brad Pitt) incidere una svastica sulla fronte di un soldato tedesco sdraiato a terra, il tutto ripreso dalla prospettiva dello stesso soldato.
Oltre a questi elementi fortemente riconoscibili e soprattutto riconducibili ad uno stile ben determinato, vi sono altre caratteristiche che arricchiscono i suoi lavori, stesso molto apprezzati, e addirittura copiati, da numerosi altri registi contemporanei.
Un esempio è l’utilizzo del famoso piano sequenza sopra accennato, che consiste in una scena nella quale la telecamera segue un personaggio o un gruppo di essi per un periodo molto prolungato senza effettuare alcuno stacco. Emblematico ne è l’utilizzo in Death Proof, in cui il piano sequenza è della durata di circa quindici minuti. Molti di voi potranno pensare che non si tratti di una scelta particolarmente efficace per rendere coinvolgente una pellicola, sbagliando in pieno. Altri registi di un certo calibro infatti utilizzano questa tecnica, come ad esempio Alfonso Cuaron, premio oscar per Gravity (piano sequenza di 17 minuti), Steve Mc Queen, autore di film che hanno fatto innamorare pubblico e critica quali 12 anni schiavo, Shame o Hunger (piano sequenza a dir poco infinito proprio in quest’ultimo), fino ad arrivare ad Alejandro González Iñárritu, che nel suo ultimo capolavoro Birdman (vincitore di quattro Oscar) utilizza questa tecnica per l’intera durata del film, o quasi, seguendo passo dopo passo non solo i pensieri dei suoi interpreti ma anche la strada percorsa tra teatro, camerini, bar di città o tetti, dando così un’immagine totale sia dei protagonisti sia del mondo dove si muovono.
In tutti i film in cui Tarantino lo utilizza, il piano sequenza è accompagnato da un ritmo quasi martellante di battute di una intensità tale da non dare neanche il tempo di capire dove effettivamente ci si trovi.
Ci si immerge così quasi in una realtà parallela, diventando protagonisti aggiunti di un dialogo inizialmente a noi estraneo.
Siamo ora arrivati alla nostra terza appendice, non meno importante per comprende la figura di Tarantino e la sua filmografia
Il nostro regista, per esempio, è un vero e proprio amante dei piedi femminili, e ciò non è difficile da intuire, basta perdersi nei discorsi di Jules e Vincent in Pulp o negli sforzi di Uma Thurman nella sua “Pussy Wagon” in Kill Bill o ancora nell’abilità investigativa del colonnello Hans Landa – peraltro interpretato da un altro mostro sacro del cinema odierno quale Christoph Waltz – ai danni dell’angelica Diane Kruger.
Oltre a questa piccola passione, che poi tanto piccola sembra non essere a giudicare dalla maniacale attenzione con cui Quentin ritrae le estremità femminili nelle sue opere, altro elemento ricorrente è senza dubbio l’utilizzo di diverse scene girate all’interno di bagni.
In Pulp Fiction (ormai lo avrete capito, suo grande capolavoro) le scene girate all’interno di bagni sono svariate, come se volesse sottolineare che in questo luogo ognuno dei suoi personaggi, dal più spietato dei killer fino ad una “innocente” sposa, possa ritrovare una intimità ormai persa nella vita di tutti i giorni.
Per concludere questa breve “guida”, voglio solo dire di non aver intenzione di convincervi di nulla, ma ci tengo solo che sappiate che le due ore, tre al massimo, dedicate a guardare uno di questi film, non saranno mai sprecate. Potrete amare o detestare il suo stile, potrete appassionarvi o annoiarvi davanti agli ingressi in scena dello stesso regista (adora infatti partecipare ai suoi film e ancor di più uscire di scena in modo… spettacolare) ma in qualsiasi modo lo vedrete non potrete non riconoscere, spero anche grazie a questa breve e sommaria guida, un estro e un genio difficilmente rintracciabile in altri registi contemporanei.
Buona visione