Di Davide Colli
Dopo aver illustrato nello scorso articolo cosa sono le cellule staminali, proviamo a fare un po’ di chiarezza sulle diverse tipologie esistenti e sui differenti usi che se ne possono fare.
La prima categoria che si incontra sono le cellule staminali embrionali, vale a dire le cellule presenti solamente nella blastocisti, non più presenti nel nostro corpo. Come già detto sono cellule pluripotenti e sono considerate una preziosa risorsa perché potrebbero essere utilizzate in medicina per la riparazione di tessuti e per la cura di gravi malattie. Sottolineo che potrebbero essere usate per la cura di malattie, ma per il momento ci sono un paio di difficoltà: la prima è che la trasformazione di cellula staminale embrionale in cellula specializzata è un processo difficile che richiede sviluppi lunghi e costosi; la seconda è che queste cellule possono evolversi in cellule tumorali. Inoltre il loro utilizzo pone problemi di natura etica, in quanto per ottenere questo tipo di cellule staminali è necessario distruggere la blastocisti: secondo alcuni la blastocisti è un principio di vita umana, invece, secondo altri, la blastocisti è una semplice struttura in vitro.
La seconda tipologia che incontriamo è invece quella delle cellule staminali adulte, che sono cellule parzialmente specializzate, multipotenti o unipotenti, responsabili del rinnovamento cellulare in seguito ad un danno o come normale processo fisiologico. Si trovano in molti tessuti e organi del nostro corpo, in quantità diverse e anche con capacità diverse. Sono molto importanti per la rigenerazione dei tessuti perché nelle cellule somatiche possono avvenire mutazioni a livello del DNA che poi verrebbero trasmesse alle cellule figlie causando gravi malattie come i tumori: le cellule staminali adulte provvedono quindi alla sostituzione di queste cellule danneggiate. Nonostante siano dotate di una potenzialità minore rispetto alle embrionali, presentano dei vantaggi terapeutici in quanto possono essere estratte da una persona adulta e reimpiantate nella stessa persona, evitando problemi di incompatibilità. Oltretutto per ricavare questo tipo di cellule non bisogna distruggere nessun embrione, tenendo perciò lontano ogni problema etico.
Il terzo tipo di staminali che troviamo è poi quella delle cellule staminali fetali, le quali sono staminali multipotenti che si sviluppano nel feto dalla decima settimana di gestazione fino alla nascita. Hanno caratteristiche particolari perché contengono gli aspetti positivi delle staminali embrionali e di quelle adulte, essendo infatti caratterizzate da un’elevata proliferazione, ma nello stesso tempo sono parzialmente specializzate, potendo generare solo pochi tipi di tessuti. Inoltre sono più facili da ricavare rispetto alle staminali adulte in quanto vengono prelevate da feti derivanti da aborti.
L’ultima tipologia esistente è infine quella delle cellule staminali del cordone ombelicale, che sono cellule staminali del sangue presenti nel cordone ombelicale del neonato e hanno la caratteristica di una maggiore efficienza rispetto alle staminali adulte. Le staminali del cordone ombelicale sono importanti per la medicina perché possono essere trapiantate in un individuo ricevente e rigenerare l’insieme di tutte le cellule del sangue. In alcune malattie ereditarie del sangue le cellule da trapiantare devono essere prelevate da un altro individuo, poiché quelle del malato sono malate anch’esse. In alcuni tumori a forti dosi di chemioterapia e radioterapia, oltre alla distruzione delle cellule tumorali, si verifica anche la distruzione delle cellule del sangue. Nel caso delle leucemie non possono essere usate per il trapianto cellule staminali provenienti dal paziente stesso perché è probabile che portino alcuni dei difetti responsabili della malattia.
Al momento del parto queste cellule possono essere raccolte e crioconservate in vapori di azoto a temperature bassissime (circa -200 °C) in strutture specializzate per essere usate in futuro. La mamma deve scegliere dove vuole che siano conservate queste cellule e di conseguenza come dovranno essere impiegate. Le alternative disponibili sono due: o la donazione a strutture pubbliche o la conservazione per uso privato.
Le banche pubbliche sono delle strutture in cui è possibile donare le staminali del cordone ombelicale al fine di effettuare un trapianto allogenico, vale a dire quando il ricevente è un soggetto estraneo alla famiglia. Queste banche sono necessarie perché per effettuare un trapianto serve che donatore e ricevente siano compatibili. Le banche del cordone ombelicale permettono quindi a molti malati che non hanno un donatore compatibile in famiglia di trovare un donatore estraneo compatibile.
Nelle biobanche private è invece possibile conservare a pagamento (a partire da 2000 euro all’anno) il sangue del cordone ombelicale. Le banche private conservano i campioni di sangue cordonale per un possibile utilizzo sul bambino stesso, con in più la possibilità, previa esecuzione dei test di compatibilità, di un utilizzo su un familiare. In Italia è tuttavia vietato conservare presso strutture private sangue prelevato dal cordone ombelicale dei neonati, a fronte dell’ordinanza del Ministero della Salute del 9 maggio 2006. Tuttavia lo stesso Ministero può autorizzare il trasferimento all’estero del materiale prelevato per la conservazione.
Per concludere questa breve rassegna è necessario parlare anche di una recente scoperta effettuata, vale a dire quella delle cellule staminali pluripotenti indotte (ips). Queste staminali non esistono in natura ma sono ottenute in laboratorio tramite il fenomeno della “riprogrammazione”: tale fenomeno consiste nel modificare una staminale adulta introducendo 4 particolari geni caratteristici delle embrionali, in modo da assumere proprietà di pluripotenza. Oltre ad essere una grande promessa per la cura di patologie ad oggi incurabili, le ips possono risolvere le controversie attorno all’utilizzo di staminali prelevate da embrioni umani e del loro utilizzo nella ricerca e nella clinica. Inoltre, la linea staminale pluripotente deriva direttamente dal paziente attraverso il prelievo di una piccola porzione di tessuto del paziente stesso, quindi non ci sarebbero problemi di rigetto durante il trapianto. Nonostante ciò esistono problemi che la ricerca sta tentando di risolvere. Uno di questi è che uno dei 4 geni usati (c-Myc) è un potente oncogene in grado di generare tumori, come è stato riscontrato nei primi topi in cui sono state trapiantate. Quindi si è provato a riprogrammare le cellule adulte con materiale genetico privo di c-Myc: il risultato è una netta diminuzione dell’efficienza, ma nessuno dei topi ha riscontrato il tumore dopo il trapianto. Le prime cellule staminali pluripotenti indotte sono state prodotte per la prima volta nel 2006 dal gruppo di ricerca del professor Shinya Yamanaka presso l’Università di Kyoto, in Giappone. Questa scoperta gli è valsa sia il premio Wolf (2011) sia il premio Nobel (2012), entrambi per la medicina, a testimonianza dell’importanza fondamentale di questa scoperta per lo sviluppo della medicina e per la cura dei diversi tipi di tumori.