Kamasutra: l’arte di amare (parte seconda)

Veniamo ora a una breve esposizione delle parti di cui si compone il Kamasutra. La prima parte, dopo il generale preambolo sulla dottrina d’Amore sopra descritta, presenta il protagonista dell’opera, colui al quale l’insegnamento del trattato principalmente si rivolge: il nagaraka, termine che lo studio Richard Schmidt ha reso con “uomo elegante”, o l’uomo che “fa tendenza”. Costui è in grado di fare del kama uno stile di vita: provvedere al proprio benessere economico gli permette di organizzare nel tempo libero con i suoi pari salotti ricreativi e culturali, incontri, feste, gite, manifestazioni artistiche. La sua controparte femminile non ha un unico nome ma acquista un’identità solo in relazione al rapporto che ha con l’uomo: vergine, sposa, vedova, prostituta.

La Parte seconda, la più ampia, concentra in sé la celebre esposizione delle strategie erotiche, anatomicamente meticolosa, che appare ai nostri occhi piuttosto spudorata. In realtà, fin dalla classificazione delle misure con cui la sezione si apre, non ha nulla di perverso, non mira in alcun modo ad eccitare; punta piuttosto al completo e reciproco appagamento, all’armonia della coppia. Tanta sapienza nei baci, negli abbracci e nelle carezze viene donata alla coppia al fine di permettere al partner di rendere felice l’altro, perché l’amore vuole, tra le altre cose, varietà.

La Parte terza parla del matrimonio. Esso è un dovere religioso per l’uomo, fa parte del suo dharma, mentre rappresenta tutta l’esistenza per la donna. Inoltre, è il modo principale per soddisfare il kama. La donna da sposare è la kanya, la fanciulla vergine. Allo scopo di garantire la sua castità il matrimonio avviene in età prematura, soprattutto per la fanciulla, così da evitare esperienze prematrimoniali; si pensi in particolare al desiderio che pervade il periodo dell’adolescenza che, in questo modo, viene represso. I parenti più intimi si occupano di formare la coppia, facendo attenzione a rispettare i rapporti di casta tra i nuclei familiari della coppia e cercando di concludere un buon affare: si cerca infatti di scegliere una sposa che porti con sé una dote cospicua; in cambio la famiglia dello sposo, se importante, provvederà a proteggere quella di lei. Le cose vanno così anche ai giorni nostri.

Prima delle nozze i due non si praticamente mai visti, per questo Vatsyayana dedica un capitolo speciale al giovane sposo per insegnargli come conquistare la fiducia della fanciulla durante i giorno seguenti al matrimonio:

Le donne … hanno la stessa natura dei fiori, ed è necessario volgersi a loro con grande delicatezza. (III, 2, 42 ss.)

Nel caso in cui la morte o la lontananza dei genitori non li renda in grado di scegliere per i figli, saranno allora proprio questi ultimi a scegliersi tra loro. Questo tipo di unione non prevede alcun tipo di solennità o rito, si basa solamente sul consenso degli amanti, e per questo considerato di seconda classe. Vatsyayana, invece, che non tratta di Legge sacra ma di kama, esalta quella che era, nell’India antica, l’unica forma di unione coniugale fondata sulla reale spontanea attrazione tra uomo e donna, sul vero amore insomma.

Una volta divenuta sposa, la Parte quarta a lei dedicata, la rappresenta come creatura cui spettano solo obblighi e impegni. La dedizione al marito e alla famiglia devono essere totali: l’uomo non l’ha sposata per la personalità, bensì per la sua presunta vicinanza all’ideale di sposa. Lo scopo di ogni sua azione sarà sempre il favore del marito. Se essa non è in grado di generargli discendenza, deve essere lei stessa a spingerlo a cercarsi un’altra moglie in grado di farlo. Viceversa, se fosse l’uomo a non appagare le attese di lei, ella, non potendosi ribellare in alcun modo, cercherà consolazione nell’adulterio, pratica alla quale è dedicata la Parte quinta.

Una persona in vista come il re non dovrebbe offrire motivo di scandalo, poiché il benessere di tutti sta nelle sue mani (si ricordi infatti che l’artha è il suo dharma). Ma l’autore sa che la carne è debole, e quando il letto del sovrano viene coperto di donne, il tempo per governare viene meno. D’altra parte un uomo di buonsenso non dovrebbe intrecciare una relazione con la sposa di un re, ma, se proprio non riesce a farne a meno, il Kamasutra offre le indicazioni sul da farsi, e, in generale, insegna il modo migliore per non restare lui stesso vittima di adulterio.

La penultima Parte, la sesta, è dedicata alla prostituzione. Estremamente colte e affascinanti, le cortigiane dell’India antica godevano di un’ammirazione un rispetto generali. Come per il re, l’artha, l’Utile, è lo scopo primario della loro vita: è paradossale come proprio la “professionista del kama” debba subordinare questo valore al denaro e ad ogni coinvolgimento sentimentale. Come il fatto che solo ad esse e a poche altre donne era concesso di istruirsi, così la loro autonomia decisionale distingueva la prostituta da tutte le altre donne. La donna qui presentata da Vastayayana non solo poteva disporre come meglio credeva dei proprio guadagni, ma era anche padrona della propria vita: indipendenza economica voleva dire libertà sociale e rilassatezza dei costumi.

L’ingegnosità della cortigiana poteva portarla a irretire un malcapitato fino a farlo innamorare perdutamente per prendersi tutti i suoi averi, simulando ogni giorno l’affetto e il desiderio; oppure poteva intrecciare più relazioni allo stesso tempo; o ancora arrampicarsi in cima alla scala sociale grazie a un matrimonio molto conveniente, in questo caso assumendosi però l’impegno della fedeltà. In queste circostanze occorre una conoscenza della natura e psicologia umana, per intuire prontamente i primi segni di disaffezione del cliente, così da poterlo anticipare e riallacciare una relazione potenzialmente utile; alla prostituta è quindi richiesta una brutale sottigliezza d’ingegno che la renda capace di risolvere le situazioni critiche e prevenire i risvolti negativi.

La settima e ultima parte del trattato sull’Amore consiste in un’appendice dal titolo “Le dottrine segrete”. Si tratta di speciali artifici e ricette magiche in grado di far acquistare fascino e ammaliare senza rimedio la donna oppure capaci di accrescere la virilità tramite speciali ricostituenti: polveri, balsami, medicinali e particolari strumenti artificiali che, applicati all’organo sessuale maschile, ne aumentano le dimensioni, intensificando di conseguenza il piacere. Si raccomanda vivamente però la massima cautela nell’utilizzo di queste pratiche, badando bene cioè a non nuocere a esseri viventi – secondo il principio etico della “non violenza” – e non entrare in contatto con sostanze considerate impure.

Lo scopo di Vatsyayana era quello di fornire un manuale esaustivo, e il successo che l’opera ha avuto nella cultura indiana conferma la riuscita del suo proposito. Tutti gli scrittori che nei secoli seguenti trattarono di kama si rifecero all’autore del Kamasutra, le cui immagini, situazioni e perfino la stessa concezione dell’amore divennero luoghi classici del kavya, la poesia e la prosa d’arte indiana, mentre sculture e dipinti riuscirono a dare forma alla sensualità di una civiltà intera che, forse, senza Vastyayana, non sarebbe mai riuscito a esprimersi così.

Di Gianluca Arlati

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