Di Giovanni Marabese
La crescita esponenziale di micro birrifici, un mercato sempre più saturo di birre nonbirre, i prezzi sempre crescenti che superano quelli del vino, le novità in continuo arrivo. Tuttavia c’è chi riesce a distinguersi rimanendo fedele alla tradizione. Si tratta del micro birrificio toscano di Francesco, a pochi chilometri da Forte dei Marmi. Una passione, la sua, nata con la curiosità per la novità: quella stessa novità che oggi non persegue ma alla quale, in fin dei conti, arriva.
Dal marmo alla birra
Quando era piccolo, Francesco osservava gli scaffali del supermercato in cerca di una bottiglia particolare, che fosse diversa dalle altre. Non esistevano ancora le birre artigianali o la loro rinomanza si estendeva in modo ristretto al territorio di origine. La scelta era limitata: ogni tanto spuntava una nuova etichetta, un nuovo colore, e la curiosità cresceva sempre di più.
Francesco lavorava nel marmo. Decide di cambiare vita e, dopo aver vissuto numerose esperienze in altri birrifici, apre il suo progetto: – Volevo partire con prodotti pre assestati. Avevo già un’idea di cosa doveva essere la birra per me e l’ho fatto. Ho iniziato con quattro tipologie. L’idea è di farne poche ma buone. Non cerco una continua novità, ma nemmeno una standardizzazione. Voglio produrre una birra che sia costante e che mi permetta di creare fidelizzazione. Se vuoi la novità non cerchi il Birrificio Del Forte –.
Il Birrificio del Forte si trova a pochi chilometri da Forte dei Marmi, la famosa località balenare della costa Toscana: produce circa 800 hl l’anno, che vanno a distribuirsi in 6 birre di gamma base. Il principio di Francesco è sempre quello di non ricercare cose strane, essendo però consapevole di andare controcorrente rispetto alla moda del momento, le birre IPA: – Io ho un prodotto equilibrato. Lo so che la IPA è una birra di moda, ma non mi va di seguirla. Le birre che si bevono oggi non sono più nemmeno delle vere IPA: sono sempre più luppolate, si cerca un amaro sempre maggiore. Una sorsata ti dà l’esplosione, poi diventano stucchevoli e invadenti. A dire il vero produco anche io una IPA: raccolgo il luppolo a fine agosto e lo uso subito il giorno dopo. È una birra stagionale che rimane fresca e molto equilibrata –.
La controversia col vino
Negli ultimi anni i prezzi delle birre artigianali sono cresciuti molto. Se ne possono trovare da 33cl anche a 8-10 Euro; questo ha scatenato l’ira di alcuni produttori di vino che ritengono sia assurdo far pagare la birra a questi prezzi, visto il minor costo di produzione. – Si è vero. Quando si pensa al vino e lo si paragona alla birra c’è sempre l’idea che il primo sia più elitario del secondo. Fare birra in Italia è molto costoso: prima di tutto bisogna considerare delle problematiche legate alle materie prime che, nel nostro paese, non si possono trovare di qualità e allo stesso tempo in quantità sufficiente –.
Producendo birre in stile belga e inglese, Francesco compra i materiali nei medesimi paesi. Accade che debba rifornirsi in tutta Europa, o addirittura negli Stati Uniti e in Australia. – Ci sono annate positive e negative, come nella vinificazione: se uva o luppolo non sono buoni non esce un prodotto qualitativo –.
– Un altro discorso possiamo farlo sulle accise, che nel vino ci sono ma sono pari a zero, mentre per la birra paghiamo già abbastanza. Il costo di vendita dipende anche dal processo di invecchiamento che una birra può o non può avere. Bisogna sempre comparare un prodotto artigianale a un altro simile, e uno industriale a un altro che sia industriale; non si deve credere che una birra artigianale meriti meno rispetto a un vino. Ci vogliono attenzione, ricerca e selezione anche qui –.
In un angolo del suo chiosco, Francesco ha portato uno spillatore diverso dal normale: – E’ uno spillatore a pompa o all’inglese. La birra è pompata da un cilindro e non dall’anidride carbonica, quindi la birra non esce gassata. Alcuni prodotti ne guadagnano, altri invece no perché tendono a ossidarsi con questo metodo –.
La novità è quell’elemento che ci attrae sempre. Basta un’etichetta con un nuovo colore, una scritta che recita “4 Luppoli” o “6 luppoli” e pensiamo di bere chissà quale miracolo dell’alchimia. Spesso si fa un uso spropositato di alcuni ingredienti che trasformano un prodotto amato in qualcosa di anomalo. Quindi la questione è molto semplice: perché ostinarsi a creare intrugli che paiono esser birra e che rischiamo poi di risultare stucchevoli al quarto assaggio? Forse è la saturazione del mercato che rende impossibile a tutti di rimanere nello standard della “Birra”. Ma è proprio questa ricerca del prodotto assurdo (che la stragrande maggioranza dei micro birrifici persegue), che rende le “equilibrate” birre di Francesco La vera novità. Equilibrate, non normali; perché una “Gassa d’Amante” alla spina o una “Due cilindri” servita all’inglese hanno ben poco di normale. Sono prodotti memorabili che rimangono Birre.
– Andare a cercare cose semplici è più difficile che creare cose estreme –. È un paradosso, certo. Ma vuoi vedere che sia proprio il perseguimento della tradizione la vera novità?
http://www.birrificiodelforte.it
