Dal Piemonte a New York: le avventure di Luigi Palma Di Cesnola, primo direttore del Metropolitan

Di Fabio Figiaconi

 

L’Ottocento, secolo forse troppo trascurato dalla storiografia, restituisce spesso storie di avventure e di uomini ai limiti dell’incredibile, che non sfigurerebbero come soggetto di qualche romanzo o serie televisiva dei nostri tempi.

In un articolo precedente apparso sempre qui su The Meatball Journal è stata raccontata la storia di Giuseppe Pecchio, giornalista, filosofo dell’educazione e patriota italiano, la cui figura, nonostante i grandi meriti, era stata quasi del tutto dimenticata.

Quella che si vuole raccontare oggi è quindi la storia di un altro grande italiano poco ricordato nel suo Paese natale, nonostante la sua importanza: Luigi Palma di Cesnola, nativo del piccolo villaggio di Rivarolo Canavese in Piemonte e primo direttore del Metropolitan museum di New York.

Due luoghi, il piccolo comune italiano e la grande istituzione newyorkese, situati agli antipodi, collocati su due mondi lontani e apparentemente non comunicanti.

Come è stato possibile allora che un cittadino del regno dei Savoia sia riuscito ad arrivare al prestigioso traguardo di essere il fondatore di quello che adesso è uno dei più importanti musei mondiali?

Come in ogni racconto biografico che si rispetti, i primi indizi dell’eccezionalità di un personaggio vanno ricercati nell’infanzia e nell’adolescenza, dove spesso sono presenti in fase embrionale alcuni tratti caratteristici che si svilupperanno appieno solo nel corso degli anni.

Un altro elemento da tenere in conto è la situazione e l’ambiente familiare, capace di influenzare, positivamente o negativamente, lo sviluppo di un individuo.

Nel caso di Luigi Palma ci troviamo di fronte a una famiglia molto particolare: il padre, Maurizio, e soprattutto lo zio Alerino Palma di Cesnola erano stati infatti dapprima ardenti sostenitori degli ideali della Rivoluzione francese e in seguito tra i principali organizzatori in Piemonte delle rivolte degli anni 1820-21, il fallimento delle quali li costrinse a fuggire per evitare la condanna a morte.

Il padre in seguito fu perdonato e poté rientrare in patria, mentre lo zio morì in esilio in Grecia, rifiutandosi sempre di chiedere l’amnistia.

Un casata di uomini coraggiosi, intraprendenti e per certi versi testardi, dunque: caratteristiche che si ritrovano appieno anche in Luigi.

Nato nel 1832 a Rivarolo, ereditò dalla sua famiglia il titolo di conte; come quasi tutti i giovani aristocratici del tempo, a sedici anni stava studiando per essere ammesso all’Accademia militare dove si formavano gli ufficiali, quando nel 1848 scoppiarono a Milano i moti che avrebbero portato alla Prima guerra di indipendenza italiana; appena sedicenne, quindi, il giovane Luigi fuggì di casa e si arruolò volontario nell’esercito piemontese come soldato semplice, dando prova nei combattimenti dei mesi seguenti di un grande coraggio, che gli valsero la promozione sul campo a sottotenente, il più giovane allora in servizio nelle armate sabaude, e una onorificenza al valore.

Una volta conclusa la guerra, Luigi Palma entrò in pianta stabile nei ranghi militari del Regno almeno fino al 1854, quando fu costretto a licenziarsi a causa del suo rifiuto a saldare un debito dagli interessi elevatissimi che aveva contratto con un usuraio.

La sua passione per la causa dell’Italia era però ancora forte in lui; in seguito alla decisione di Cavour di inviare due reggimenti piemontesi in Crimea in sostegno degli inglesi (che così facendo voleva imporre la questione dell’indipendenza dell’Italia come punto all’ordine del giorno della politica internazionale, a quel tempo dominata dalla Gran Bretagna) Luigi Palma tentò dapprima di farsi riammettere nell’esercito sabaudo e poi, ottenuto un rifiuto, decise di recarsi personalmente nei luoghi dei combattimenti per arruolarsi come volontario in un reggimento di soldati turchi (alleati dei Piemontesi), con i quali stette fino alla fine del conflitto.

Una volta cessati i combattimenti e ritornato in Piemonte, il giovane conte aveva un cupo futuro davanti a sé: il reingresso nell’esercito sabaudo gli era ancora negato e, a causa della sua situazione familiare, non poteva ambire ad incarichi particolarmente prestigiosi.

In anticipo sui milioni di emigranti che negli anni successivi presero questa strada, Luigi Palma scelse quindi di emigrare negli Stati Uniti, sbarcando a New York nel 1858.

La sua situazione si presentava come particolarmente fragile: solo, senza il sostegno della sua famiglia, con pochi soldi, senza agganci di alcun tipo e con una conoscenza appena approssimativa della lingua inglese.

I primi anni furono quindi un periodo di estrema sofferenza, con il giovane emigrante che riusciva a mettere insieme un magro salario solo grazie ad alcune lezioni private di italiano e francese e all’insegnamento del flauto.

Solo dopo un biennio le cose cominciarono a migliorare, in quanto nel 1861 si sposò con la ricca ereditiera Mary Isabel Reid, figlia dell’eroe di guerra americano Samuel Reid, trovando la tranquillità finanziaria e importanti appoggi nella borghesia newyorkese.

Il 1861 rappresenta però un anno fondamentale nella storia degli Stati Uniti, in quanto è la data di inizio della guerra di secessione combattuta tra gli Stati del Sud (raggruppati nella Confederazione) e quelli del nord (che formavano l’Unione).

Dietro consiglio della moglie, Luigi Palma decise di dare il proprio contributo alla causa unionista, aprendo vicino New York una scuola dove, dietro un compenso di 100 dollari al mese, istruiva nelle principali tecniche dell’arte militare giovani rampolli desiderosi di diventare ufficiali dell’esercito.

Dopo poco tempo, però, il giovane piemontese non seppe resistere al richiamo delle armi, arruolandosi come volontario nel 1862 nell’undicesimo reggimento di cavalleria di New York.

L’ambientamento del conte all’interno dell’unità militare non fu affatto semplice, in quanto a comandare il reggimento era stato nominato il colonello James Swain, un uomo anziano con molti agganci politici e poca esperienza militare.

Un fatto del genere chiaramente non poteva andare bene a un uomo del carattere di Luigi Palma, testardo e fiero, che quindi si mise a scrivere lettere irate ai suoi superiori nelle quali denunciava l’incapacità del comandante.

Venutolo a sapere, Swain attraverso le sue conoscenze altolocate riuscì a ottenere la rimozione del giovane, che fu degradato e trasferito con ignominia al quarto reggimento di cavalleria.

Ferito nell’onore, a Luigi Palma, secondo le concezioni e la morale del tempo non restava altro che compiere un’azione eroica per lavare questa macchia.

Nel 1863 quindi, durante la battaglia di Aldie, si offrì volontario per guidare una disperata carica di uno squadrone della cavalleria unionista contro le sovrastanti forze confederate.

L’esito dello scontro fu inevitabilmente disastroso, con l’ufficiale italiano che, dopo aver combattuto con un leone, fu ferito gravemente da due colpi di sciabola alla mano e alla testa e catturato dalle forze sudiste.

Dopo aver lottato per giorni tra la vita e la morte a causa della gravità delle ferite, si riprese e fu quindi spedito in una prigione della Virginia, dove trascorse alcuni mesi come prigioniero di guerra, prima di essere liberato in seguito a uno scambio di prigionieri.

Tornato negli stati dell’Unione, il Cesnola fu subito reintegrato nell’esercito, dove rimase fino alla conclusione vittoriosa della guerra.

Cessate le ostilità, il nome di Luigi Palma aveva assunto una certa importanza, sia per l’eroismo del suo carattere sia soprattutto per i suoi indubbi meriti di comandante che aveva saputo mostrare sul campo; una fonte racconta addirittura che, appena qualche giorno prima di morire, il presidente Abraham Lincoln lo avesse di persona nominato generale d’armata, titolo però mai formalizzato ufficialmente, nonostante il piemontese da quel momento in poi lo inserisse tra i suoi titoli.

L’unico fatto certo è invece che, in virtù dei meriti acquisiti, il nativo di Rivarolo Canavese ottenne la cittadinanza a stelle e strisce e fu contestualmente nominato console americano a Cipro, dove giunse alla fine del 1865.

L’isola del Mediterraneo era ai tempi una provincia dell’impero Ottomano e, data la sua posizione periferica e al di fuori degli interessi americani, il lavoro al consolato non era molto impegnativo.

Per questo motivo, il Cesnola iniziò a maturare una passione molto particolare, vale a dire quella per l’archeologia: ottenuto il permesso dai rappresentanti del Sultano di Istanbul, in breve tempo iniziò un considerevole numero di scavi in diverse località, da cui vennero fuori un numero incredibile di reperti antichi come statue, gioielli, oggetti d’uso quotidiano, armi e vasi, appartenenti alle varie civiltà che si erano succedute sull’isola nel corso dei millenni.

Una tale mole di reperti era giustificata dal fatto che ben pochi prima di lui avevano scavato a Cipro in maniera così sistematica, ed era quindi comprensibile che ovunque piantasse la vanga spuntasse fuori qualche reperto.

Cesnola tuttavia, nonostante possa essere considerato uno degli iniziatori dello studio dell’arte cipriota, non è ricordato con particolare favore sull’isola, perché i suoi scavi erano caratterizzati da metodi grossolani, con poco riguardo per la contestualizzazione storica e artistica dei reperti e per la loro catalogazione.

In sua difesa, c’è da dire che il periodo degli scavi di Luigi Palma corrisponde quasi esattamente a quello delle ricerche di Heinrich Schliemann a Troia e a Micene, con i metodi di lavoro del tedesco che non differivano poi tanto da quelli utilizzati dall’italo-americano.

In totale, riuscì a mettere insieme una collezione che ammontava a circa 35mila pezzi; per via della sua unicità e straordinaria importanza, i rappresentanti di numerosi musei quali l’Hermitage, il British Museum e il Louvre lo contattarono per tentare di comprarne la raccolta.

Il conte, tuttavia, riconoscente alla sua patria d’adozione, scelse di cedere i suoi pezzi al Metropolitan Museum di New York, la nuova istituzione culturale fondata nel 1872 che si proponeva di rivaleggiare presto con i principali musei del mondo.

In cambio dei reperti, Luigi Palma ottenne una grande somma di denaro e, fatto ancora più importante, la nomina a primo direttore del Metropolitan, aggiungendo così un altro tassello a una vita incredibile.

Una volta tornato in America, la sua carica di direttore del MET lo proiettò definitivamente nell’elite newyorchese del tempo; sotto la sua guida, il museo diede il via a quella tradizione di continue acquisizioni di opere d’arte che hanno contribuito a far diventare il Metropolitan una delle più importanti istituzioni museali al mondo.

Il Cesnola fu molto attivo anche nel sociale, specialmente nell’aiuto agli espatriati italiani, facendo molte donazioni a enti caritatevoli e soprattutto finanziando un istituto dove ospitare giovani figli di immigrati rimasti orfani.

In tarda età fu inoltre insignito di numerose onorificenze, quali una laurea honoris causa in giurisprudenza dalla Columbia University, la Croce di Grand’Ufficiale dal re d’Italia e, soprattutto, la Medal of Honor statunitense, il più alto riconoscimento militare americano, concessogli in ricordo del suo eroismo nella battaglia di Aldie.

Dopo una breve malattia, Luigi Palma di Cesnola morì il 20 novembre 1904; alle sue esequie, celebrate nella cattedrale di san Patrizio, prese parte il fior fiore dell’aristocrazia di Manhattan, unita nel rendere l’ultimo omaggio a uno dei suoi componenti più illustri.

Oggi le sue spoglie riposano in una sobria tomba nel Kensico cemetery di Valhalla, nello stato di New York, sotto una stele di marmo in tutto e per tutto simile a quelle da lui scoperte a Cipro.

La figura di Luigi Palma, nonostante la sua indubbia importanza, è stata quasi del tutto dimenticata nel corso del Novecento.

Solo nei primi anni Duemila, in occasione del centenario della sua scomparsa, il comune di Rivarolo Canavese e la Regione Piemonte hanno scelto di organizzare una mostra per celebrare e ridare lustro al loro grande concittadino che, con le sue imprese militari e le sua scoperte archeologiche, costituisce senza dubbio una personalità di primo piano nella storia sia d’Italia, sia degli Stati Uniti d’America.

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